“È genocidio, diciamolo chiaro”: l’intervento di Nathan Levi alla manifestazione per Gaza

L’intervento che segue è stato pronunciato da Nathan Levi durante la manifestazione per Gaza del 19 settembre in piazza Venezia, a Trieste.
Dell’intervento è stata realizzata anche una lettura da parte dell’attore Maurizio Zacchigna, che vi proponiamo qui in registrazione.
1. Buonasera. Sono ebreo. Sono nato in Israele.
2. Dalla Bibbia: “Gli Israeliti circondano Gerico per sette giorni in un assedio comandato da Dio. Al termine le mura cadono miracolosamente, e viene ordinata la strage totale di uomini, donne e bambini e la distruzione di tutti i beni, come offerta votiva a Dio” (Giosuè, capitolo 6).
3. Oggi, a Gaza, vediamo muri che crollano. Ma sotto, non c’è salvezza. C’è morte. C’è un popolo schiacciato.
4. Gerico è l’archetipo. L’assedio che diventa strage “in nome di Dio”. 3.000 anni di civilizzazione spariti nel nulla. Oggi, l’eco di Gerico rimbomba. Cambiano i nomi, non cambia la logica: circondare, affamare, abbattere, espellere. La vita del nemico? “Un’offerta al Signore”. Il bene altrui? “Bottino”. Noi diciamo: basta.
5. Assistiamo con sgomento al perseguimento del Grande Israele di biblica memoria. L’integralismo di Hamas e quello del governo israeliano vanno a braccetto. Entrambi massacrano in nome di Dio.
6. E c’è una terza forza religiosa in campo: gli evangelici americani… decine di milioni! Tifano Israele perché vedono in quelle conquiste la volontà divina. Passi necessari per il ritorno del Messia. È la base elettorale di Trump. Ed è per questo che la potenza americana lascia fare, qualunque sia il prezzo umano.
7. Gli israeliani ci dicono: “sicurezza”. Ma la sicurezza non si costruisce sui cadaveri dei bambini. La sicurezza non è un deserto di macerie.
8. Questa politica nasce da una visione fanatica del potere. Da ministri e leader che usano la religione come arma. Che, insieme agli interessi personali di Netanyahu nel restare al potere, spingono la macchina della guerra. Lo sappiamo. È scritto, è dichiarato, è sotto i nostri occhi.
9. C’è un inganno da svelare. Quando la fede diventa furore, il tempo si accorcia. Il passato si fa presente. Le antiche conquiste diventano modello politico. Nessun compromesso. Nessuna pietà. Questa tragica realtà di corpi dilaniati poggia su “Valori sacri”. Così i conflitti non finiscono mai. Così la guerra diventa culto.
10. Io accuso il governo israeliano. Accuso la sua guerra senza misura. Accuso un progetto che devasta case, ospedali, scuole. È genocidio. Diciamolo chiaro. È genocidio.
11. C’è in me sdegno. C’è tanto dolore. Dolore per la sofferenza e la morte dei fratelli palestinesi. Dolore per l’ennesima perdita affettiva del mio paese natale.
12. Israele, insieme a tanti palestinesi, ha sepolto se stesso. Ha perso l’apprezzamento del mondo, diventando uno Stato canaglia. Temo che serviranno molte generazioni prima che possa riabilitarsi agli occhi dei paesi civili. Semmai sarà possibile.
13. Attenzione: qui non si colpisce un popolo per la sua identità. Si condanna un governo per i suoi crimini. Si chiama responsabilità. Si chiama diritto internazionale. Si chiama empatia. Si chiama coscienza.
14. E no, non dimentichiamo Hamas. Lo dico senza esitazioni: i suoi attentati, le sue uccisioni, il suo cinismo verso i civili sono inaccettabili. Ma il crimine di uno non assolve il crimine dell’altro. La vendetta non è giustizia. La punizione collettiva è barbarie.
15. Noi siamo qui per dire tre parole semplici:
Primo: cessate il fuoco. Ora. Non domani. Ora.
Secondo: corridoi umanitari veri. Acqua, cibo, medicine, elettricità. Subito. Senza ostacoli. Senza ricatti.
Terzo: giustizia. Indagini indipendenti. Tribunali. Sanzioni per chi ordina e per chi esegue. Nomi e cognomi. Non slogan, non ipocrisie.
16. Diranno: “È complesso”. Ma la vita non è complessa: o la proteggi, o la distruggi. A Gaza la si distrugge. A un intero popolo si nega il diritto di esistere.
17. Diranno: “È la guerra”. Ma anche la guerra ha leggi. E limiti. Bombardare campi profughi, assediare ospedali, rader al suolo quartieri interi non è “guerra”. È annientamento.
18. Diranno: “È la storia”. E allora rispondiamo con la storia. Il nostro passato migliore non è Gerico. È Norimberga. È Ginevra. È la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. È il coraggio di dire “mai più” e crederci davvero.
19. Popolo in piazza, alza la voce. Per i bambini di Gaza. Per i medici sotto le bombe. Per gli ostaggi. Per le madri che non hanno più lacrime. Per gli ebrei e per i palestinesi che vogliono vivere insieme, in pace, da vicini e non da nemici.
20. Diciamolo forte:
Non in nostro nome.
Non con le nostre armi.
Non con il nostro silenzio.
21. Chi guida un esercito ha il dovere di fermarsi davanti ai civili. Chi guida un governo deve scegliere la vita. Oggi, il governo israeliano ha scelto la morte. Noi scegliamo la vita. Noi scegliamo il diritto. Noi scegliamo la pace.
22. Concludo con quanto dissi in un’altra occasione:
Ho un sogno:
Come Israele nacque dall’Olocausto, che dal sangue di Gaza nasca lo Stato di Palestina.
In pace con Israele.
Con un memoriale per ogni innocente palestinese assassinato.
Un memoriale che il mondo civile onorerà per sempre.
Come onora lo Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto.
23. Il silenzio deve finire. La ragione deve prevalere. Grazie.
Sono contro ogni violenza