Sgombero in Porto Vecchio: almeno 40 persone escluse, nessun coinvolgimento delle organizzazioni umanitarie

Questa mattina è stata eseguita l’ennesima operazione di sgombero in alcuni magazzini del Porto Vecchio di Trieste: circa 150 persone migranti e richiedenti asilo – molte delle quali abbandonate in strada da settimane, e che in quei magazzini avevano trovato un riparo di fortuna – sono state messe in fila, identificate e trasferite.
È evidente che si tratta di una misura-spot, priva di una strategia strutturale: lo sgombero non risolve affatto il problema poiché, come abbiamo già denunciato molte volte in passato, le persone richiedenti asilo e in transito che da domani arriveranno in città si troveranno nella medesima situazione.
Il trasferimento è avvenuto senza alcun coinvolgimento delle organizzazioni che sul territorio si occupano di accoglienza e supporto, né dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr): un’esclusione che conferma come la gestione della crisi migratoria a Trieste segua logiche emergenziali, securitarie e dettate da urgenze mediatiche. Logiche che, ancora una volta, nulla hanno a che vedere con la salvaguardia dei diritti delle persone più vulnerabili. Il problema, creato artificialmente dalle istituzioni, non viene quindi risolto e si ripresenterà nei prossimi mesi, con una responsabilità politica sempre più pesante.
Ma l’aspetto più grave è l’esclusione arbitraria di decine di persone – almeno quaranta, secondo le nostre stime – lasciate fuori dall’operazione solo perché, nel momento del trasferimento, non si trovavano nei magazzini interessati. Nessuno le aveva informate dell’intervento, nessuna istituzione ha tentato di raggiungerle: una conseguenza diretta del mancato coinvolgimento di chi lavora sul territorio e che avrà pesanti conseguenze sulla vita delle persone più vulnerabili.
