Trieste vuole diventare la città in cui le persone senza fissa dimora muoiono per strada?

Solo nell’ultimo mese ci sono stati due decessi di persone senza fissa dimora a Trieste, nonostante le temperature siano ancora estive. Si tratta di B.K., cittadino iraniano che si è impiccato lungo la GVT, e di S.A.K., cittadino rumeno morto in strada in seguito a un “malore”.

Nella diversità delle loro tragiche vite, entrambe queste morti mandano un messaggio chiaro che sarebbe colpevole banalizzare o ignorare: la città di Trieste sta diventando sempre meno organizzata e sempre più indifferente verso le persone che vivono in condizioni di marginalità – in genere cittadini stranieri, ma anche italiani. Di entrambe le persone decedute si occupavano solo le associazioni di volontariato con le poche forze di cui dispongono, nell’isolamento (quando non ne disprezzo) generale.

A Trieste i servizi sociali di “bassa soglia” sono ridotti al minimo nonostante vi sia l’evidente necessità di un loro forte potenziamento sia a causa del generale peggioramento del contesto socio-economico, sia in ragione della posizione geografica di Trieste, punto di arrivo e di transito della rotta balcanica. Una condizione che non si può evitare ma che la politica sistematicamente rimuove come se la realtà non esistesse. Nell’imminente inverno vogliamo accettare altre e più numerose morti o vogliamo iniziare ad agire per tornare a essere una città che non si deve vergognare di se stessa?

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