Una morte annunciata e colpevole

La morte del cittadino algerino Magoura Hichem Billal (9.01.93) è la quarta, nelle ultime settimane, a coinvolgere un giovane straniero in Friuli Venezia Giulia. L’autopsia chiarirà la causa esatta del decesso, ma l’essenziale è già evidente: la morte avvenuta a Trieste, come le due di Udine e quella di Pordenone, non è un fatto tragico e inevitabile, bensì il risultato della radicale assenza dell’intervento pubblico dovuto a tutte le persone, italiane e straniere, indipendentemente dalla loro condizione sociale, quando si trovano in situazioni di estrema emergenza.

Contrariamente alle prime informazioni circolate, Magoura Hichem Billal non era arrivato da pochi giorni: era a Trieste da almeno sei mesi, era regolare e iscritto al servizio sanitario regionale. Le verifiche finora svolte indicano con alta probabilità che avesse presentato domanda di asilo. Le ragioni del mancato accesso alle misure di accoglienza restano da accertare. La condizione di totale abbandono in cui viveva era dunque prolungata: un invisibile per le istituzioni, una vita di scarto ignorata in una delle regioni più ricche d’Italia, oggi segnata da un livello crescente di indifferenza sociale e violenza ideologica verso le persone più fragili.

Magoura Hichem Billal non chiedeva aiuto — non risulta infatti tra coloro che si rivolgevano al centro diurno di via Udine — ma era da tempo una persona che necessitava di un intervento di “bassa soglia”, che avrebbe potuto evitare la morte che lo ha prematuramente stroncato. I servizi di bassa soglia esistono proprio per questo: devono essere attivati da ogni ente locale per garantire un riparo salvavita a chiunque si trovi in difficoltà, senza filtri di accesso né discriminazioni sulle cause della condizione di fragilità.

Questo principio elementare di civiltà manca però nella città di Trieste, oggi scintillante di luci natalizie. I servizi di bassa soglia a rotazione, aperti anche a chi non è residente e destinati a offrire protezione dal freddo, contano appena venti posti: una cifra ridicola per una città collocata su rotte migratorie importanti e che, per le esigenze di pronto intervento, dovrebbe essere considerata più vicina a un’area metropolitana che a un centro di medie dimensioni.

Una morte annunciata, dunque. E altre potranno seguirne, in qualunque momento, perché a Trieste sono centinaia le persone lasciate senza alcun sostegno. Una vergogna profonda, per tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *